Caro Presidente, benvenuto a Taranto (che va riconvertita)

“Benvenuto Presidente,

benvenuto al Sud di quel Sud che Lei conosce bene.

Da tarantina, l’idea che il Capo dello Stato abbia scelto la mia città per inaugurare l’anno scolastico non mi dovrebbe dispiacere. Questa visita fa seguito a un grave episodio di cronaca. E’ la reazione delle istituzioni a un atto vandalico, un puerile quanto grave attacco al cuore della culla democratica: la scuola.

Si’, lo so. Questa politica ha le sue liturgie e ogni celebrazione si nutre di simboli. “L’Italia c’è?” è il messaggio. Lo ascoltiamo, ne prendiamo atto. E lo facciamo nostro da tarantini e italiani convinti che tanto ancora si possa e si debba fare per il bene comune.

Dunque… benvenuto a Paolo VI, presidente Mattarella.

Tra le case bianche e le case dell’Ilva, tra le cooperative sparse dal boom edilizio e tanta, tantissima brava gente marchiata a fuoco, nell’immaginario collettivo, dai quei pochi che ogni giorno vivono d’altro (certamente non di pane e lavoro) succhiando porzioni di quel bene comune. E che certa politica usa per compiacersi nei seggi.

E mi piace, questo va detto a gran voce, l’idea che lo Stato, nella periferia nord della mia città così meridionale, venga a porre il sigillo del tricolore nella scuola intitolata ad un martire del nostro tempo più recente.

Ma non dia le spalle ad ovest, presidente Mattarella. Faccia sventolare la bandiera italiana al vento di Taranto. Quello che spirando da nord avvelena.

Certo, i decreti poi convertiti nelle leggi che lei ha promulgato dicono che tutto va bene e che se non va bene… tutto si aggiusterà. Dicono che quel vento non sia poi così mortifero e che magari, chiudendo le finestre, i tarantini potrebbero anche trattenere la voglia di respirare: giusto il tempo che quel vento cambi direzione.

Si, signor presidente… lo Stato italiano, con le firme in calce delle più alte cariche dello Stato, ha scritto che Taranto di acciaio deve continuare a vivere, o meglio morire. E che i bambini, gli stessi che lunedì le faranno festa, al primo vagito avvertono l’odore acre delle lamiere.

Guardi ad ovest, presidente Mattarella.

Vedrà l’effetto che fa e che ancora farà quel fumo alimentato dai decreti di Roma sulla pelle degli alunni che lei stesso, domattina, guarderà negli occhi ancora ignari.. o forse NO.

Volti il suo sguardo ad ovest, signor Presidente. Anche se la verità su Taranto potrà già leggerla nello sguardo vispo e dolce degli alunni delle scuole Falcone e Pirandello, nati sotto il cielo rosso Ilva come i bambini di Tamburi che patiscono le polveri che il nostro Stato, da Ella presieduto, continua a nascondere sotto un tappeto di decreti, commi e cavilli che non saranno MAI l’epitaffio della città spartana. Noi non lo permetteremo!

Presidente, Taranto non è più la città che accolse Sandro Pertini!

La coscienza operaia, in quegli anni, si accompagnava all’incoscienza sanitaria e ambientale. Quel rapporto è mutato. Qua di veleno non si vuole vivere più.

C’è una Città impegnata a reagire, che riscopre la storia, che guarda a domani, che costruisce alternative a questo obsoleto marchio di una fabbrica da chiudere. C’è una Città che progetta la sua riconversione sociale ed occupazionale, che si impegna per andare oltre.

Taranto vuole e deve cambiare il proprio racconto. Taranto va riconvertita. Taranto può essere riconvertita. Il grido di dolore, seguito dall’intenzione di rigenerarsi, va ascoltato.

La riconversione è un atto politico possibile: a Taranto continueremo a batterci per spiegare come. Per diventare ciò che non siamo mai stati per la ragion di Stato.

Taranto libera!

Rosa D’Amato
Portavoce del MoVimento 5 Stelle al Parlamento europeo”