C’era una volta in Puglia l’ammulafurc (o arrotino). Le foto d’epoca

“Donne, è arrivato l’arrotino…” – un tempo l’arrotino girava in bicicletta, più in la in “trerrote” e in alcuni casi in compagnia del megafono che a ripetizione rompeva le scatole per le vie delle strade e viuzze cittadine. L’ammulafurc (dal dialetto meridionale) o “u’ mulafurbece” in dialetto barese. In realtà, tale professione è ancora oggi praticata, anche se spesso gli “arrotini moderni” vagano in giro con auto dell’ultimo tipo, muniti però ancora dei classici megafoni con audio registrato che ne segnala la presenza.

L’arrotino è una professione artigiana che consiste nella molatura o affilatura delle lame. Tempo fa gli arrotini svolgevano anche l’attività di ombrellai e riparavano gli ombrelli ed i meccanismi di apertura e chiusura, nonché gli esoscheletri deperiti o bloccati degli stessi. Era sempre più diffusa la capacità di rimediare a piccole e medie perdite di cucine a gas, attività oggi proibita dalla legge, poiché le apparecchiature a gas devono essere visionate e riparate da termoidraulici o termotecnici certificati.

Attualmente la figura dell’arrotino non è scomparsa, bensì si è specializzata in quanto, per eseguire un lavoro a regola d’arte, occorre possedere nozioni di metallurgia, conoscenza degli acciai e dei trattamenti termici, nozioni sui materiali abrasivi. Di fatto, quella che una volta era vista come una figura quasi folkloristica, oggi è un’attività che richiede ottime conoscenze tecniche e capacità manuali.

Storia dell’arrotino in Italia:

Spinto dal bisogno economico, l’arrotino andava ampliando gradualmente il territorio del suo lavoro per la ricerca di nuovi mercati di lavoro. Camminando a piedi e spingendo contemporaneamente la carretta, l’arrotino svolgeva il proprio mestiere spostandosi con una sorta di biciclo-carretto dotato di una grossa ruota di legno, rivestita da un cerchione di ferro, oppure portando in spalla gli attrezzi del mestiere. Il carretto, una volta giunto sul luogo di lavoro, veniva letteralmente ribaltato su sé stesso e si trasformava nello strumento di lavoro. Alla ruota veniva agganciato un pedale con vari snodi, veniva fissata la cinghia di trasmissione del movimento alla mola e su una parte sporgente del carretto, fissava poi un secchiello con dell’acqua che sgocciolava sulla mola mediante un piccolo rubinetto dosatore, con funzioni di lubrificante. Col bello o col cattivo tempo era sempre in cammino da un paese all’altro in cerca di lavoro. Era faticoso farsi una clientela, difficile crearsi una zona di lavoro propria e difendere il proprio territorio dalla concorrenza di altri arrotini, per tali ragioni occorreva affinare il proprio mestiere e mantenere prezzi competitivi. L’arrotino in bicicletta in una foto d’epoca:

Fino agli anni sessanta l’esercizio di questo mestiere comportava molti sacrifici. L’arrotino mangiava di solito al sacco in una piazza, poche volte si rifocillava con un piatto caldo, ogni sera era alla ricerca di un alloggio per la notte, di solito un mucchio di fieno o di paglia infilati in un sacco di tela. Faceva le pulizie personali nell’acqua di una fontana o di un ruscello e tornava a casa poche volte all’anno, per Pasqua e Natale, per il taglio del fieno, per la nascita di un figlio o… per la morte di un parente. Era triste per loro non avere una famiglia da ritrovare la sera. Dopo gli anni sessanta per l’arrotino la situazione migliorò, la sola mola fu sostituita dalla bicicletta: sul davanti vi era applicata una ruota in pietra, collegata ai pedali con una cinghia; per arrotare un utensile, l’arrotino imprimeva alla ruota un movimento ben ritmato e continuo e con abili gesti delle mani lo passava sulla mola fino a che la lama non diventava tagliente. Poi la bicicletta fu sostituita a sua volta dalla moto (vespa o lambretta), successivamente dal furgoncino a tre ruote a motore, nel cui vano portabagagli vi erano una o più mole collegate all’albero di trasmissione e altre cose che potevano servire per il proprio lavoro. Una foto d’epoca scattata a Milano:

Questo aspetto permetteva agli arrotini di proporsi per rimettere a nuovo, oltre ai classici coltelli, praticamente ogni tipo di lama come forbici di grandi o piccole dimensioni o prodotti d’acciaio come le forbici da seta (molto più difficili da arrotare e per le quali serve una mola molto veloce e una smerigliatrice) o dal filo particolarmente sottile come i coltelli da prosciutto. Usufruiva di almeno un pasto caldo al giorno in mensa, individualmente oppure in comune con altre persone aveva un locale o due per la notte, qualcuno cominciò anche a portare la propria famiglia nella zona di lavoro. Successivamente aprì una bottega, cessando quasi completamente di fare l’ambulante e riunì la propria famiglia accasandosi sul posto di lavoro, diventando un vero commerciante con un luogo fisso di lavoro. Una foto in tempi più moderni:

Sempre in tempi più moderni, dunque, furono realizzate più volte alcune registrazioni sonore per la promozione di questo lavoro poi diffuse più o meno nell’interno territorio nazionale. Le registrazioni sonore erano lette da uno speaker professionista (o comunque l’impressione che dava non era certo quella di un paesano, evidentemente incaricato da qualche imprenditore locale) e annunciavano in città la presenza dell’arrotino. Solitamente, il messaggio letto era il seguente:

DONNE È ARRIVATO L’ARROTINO. Arrota coltelli, forbici, forbicine, forbici da seta, coltelli da prosciutto! Donne è arrivato l’arrotino e l’ombrellaio; aggiustiamo gli ombrelli. Ripariamo cucine a gasse: abbiamo tutti i pezzi di ricambio per le cucine a gasse. Se avete perdite di gasse noi le aggiustiamo, se la vostra cucina fa fumo noi togliamo il fumo della vostra cucina a gasse. Lavoro subito ed immediato”. Il video con una delle versioni diffuse negli anni e oggi anche sul web: