Anche la Puglia verso l’autonomia: “i soldi dei pugliesi restino ai pugliesi, da soli possiamo farcela”

Dopo il successo praticamente “plebiscitario” di Lombardia e Veneto per la richiesta referendaria: il 95,29% dei votanti lombardi ha detto , l’affluenza è stata del 38,33% mentre in Veneto l’affluenza è stata del 57,2 per cento. È stato quindi superato il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto, e il 98,1 per cento degli elettori ha votato Sì. In Lombardia, invece, non era richiesto il quorum. Davanti a questo nuovo scenario, sostanzialmente richiesto da anni dalla Lega, vera protagonista politica del referendum, sostenuto anche dal Movimento 5 Stelle ed altri movimenti politici risulta istintivo chiedersi cosa dovranno fare adesso le altre regioni italiane, oramai “orfane” di quella tanto chiacchierata “solidarietà fiscale tra regioni” che sembra oramai sempre più lontana.

Nonostante il PD e l’area di governo non veda di buon occhio la cosa, in Puglia è lo stesso governatore di centrosinistra Michele Emiliano a valutare l’ipotesi di un percorso simile, anche se per ora non si sbilancia per un eventuale referendum. Nei giorni precedenti al risultato referendario in nord Italia, il governatore pugliese, ospite all’evento di Fratelli d’Italia “Visto da Sud”, all’Hotel Palace di Bari, ha infatti ricordato “l‘autonomia rafforzata della regione Puglia ai sensi dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione. È importante parlare anche con l’opposizione di questo argomento. Perché la procedura prevede un ampio consenso. Non riteniamo necessario fare un referendum, come in Veneto e Lombardia, ma pensiamo che un ampio dibattito, anche l’applicazione della nuova legge sulla partecipazione, possa essere utile per individuare le materie e le modalità attraverso le quali strutturare questa autonomia rafforzata della regione Puglia”.

“L’epoca degli stati nazionali”- ricordava alcuni giorni fa Emiliano – “è in declino. Purtroppo dividono l’Europa anziché costruire gli Stati Uniti d’Europa. Non riescono ad avere un fisco comune, ad avere regole sul lavoro comuni, non hanno una scuola e una università comune, non riescono a regolare le professioni in modo comune, non hanno un esercito comune, non hanno neanche una politica estera comune. Viceversa, gli Stati Uniti d’Europa, con l’elezione del parlamento che poi esprime il governo europeo, e l’Europa delle regioni potrebbe dare contemporaneamente un’impostazione generale a un paese da 500 milioni di persone ed anche un’attenzione ai problemi locali”.

È lo stato nazionale che è in crisi. Menomale che il progetto di riforma costituzionale è stato sventato, perché era antistorico: costruiva uno stato nazionale accentrato, neonapoleonico, del tutto superfluo rispetto al progetto degli Stati Uniti d’Europa. D’altra parte o l’Europa diventa una vera e propria nazione che si confronti con gli Stati Uniti, la Federazione Russa, la Cina, con l’india o non è più possibile che singoli stati da pochi milioni di persone debbano reggere la concorrenza di macroaree dalla potenza economica straordinaria, dalle risorse economiche impressionanti. L’Europa può ritornare a essere il continente della gioventù e del futuro se costruiremo questo processo” – ha concluso Emiliano. 

Nel frattempo, In Veneto Zaia presenta i punti di maggior attrito: il federalismo fiscale e l’inserimento del Veneto tra le Regioni a statuto speciale. A Roma il Governo si è detto disponibile per trattare fin da subito per l’autonomia, ma “la modifica della Costituzione è materia per il Parlamento e quindi il Governo non può parlarne.“ Che in Puglia possa essere valutata o meno l’autonomia, il fatto assodato è che la stessa non potrà più ricevere agevolazioni fiscali alle quali contribuirebbero Veneto e Lombardia. Il venir meno della collaborazione economica delle due regioni del nord Italia più produttive non lascerebbe molte scelte alle regioni come la Puglia se non quella di prendere subito provvedimenti per un percorso autonomo evitando così l’aggravio di richieste economiche da parte di Roma, che dopo il referendum lombardo e veneto potrebbero presto risultare più alte del passato.

L’obiettivo principale sarebbe quello di rendere quanto più autonome le regioni a livello fiscale e anche per altre importanti questioni, come quella ambientale. La Puglia, regione dove il boom turistico e produttivo è in fase crescente e dove invece il destino di gasdotti delle multinazionali e problematiche della xylella vengono troppe volte scelte a Bruxelles o a Roma dando poco spazio al governo regionale, una sana autonomia non dispiacerebbe poi così tanto. Ma forse anche no. Perché non fare un referendum anche qui e chiederlo direttamente ai pugliesi?