Negli ultimi anni l’inquinamento da PM10 nella città di Barletta è aumentato vertiginosamente sino a raggiungere ed in alcuni casi a superare persino quelli di Taranto, dove il quartiere “Tamburi” è tristemente noto per l’influenza che quotidianamente deve subire a causa della presenza dell’acciaieria. Se nell’ultimo periodo del 2017 i valori risulterebbero stabili, preoccupanti sono risultati quelli registrati negli anni precedenti.
Il primo grande picco sarebbe avvenuto tra l’1 gennaio 2015 e il 3 novembre 2015 quando le centraline posizionate dall’Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale) in via Casardi e dal mezzo mobile di via Trani riportarono valori di PM10 quantificabili a 27.
Cifre da capogiro se pensiamo che, come riportato in un articolo risalente al 2016, “Il numero di aborti spontanei a Barletta (fonte: dati Istat, schede dell’ospeale Mons. Dimiccoli di Barletta) è aumentato progressivamente negli anni 2009-2013, con incrementi più marcati a partire dall’anno 2012” e che già nel 2013, ” le concentrazioni atmosferiche di PM10 nell’area urbana di Barletta erano le più elevate tra le 5 città esaminate (comprese Brindisi e Taranto)”.
Dalla mappa aggiornata al 2017, seppur inferiori (una media di 17 tra Andria e Barletta), i dati non dovrebbero essere sufficientemente rassicuranti. A Bari la centralina in Via Kennedy ha segnalato valori pari a 21. Valori preoccupanti anche a Torchiarolo (addirittura con valore 87 con 26 giorni di superamento!), non molto lontano dalla centrale termoelettrica di Cerano mentre a Taranto i valori della “cockeria” hanno raggiunto anche 76.