Dipendente Ikea Bari: “licenziato a Bari per 5 minuti di pausa in più”

Lavoratore e padre di famiglia, ha perso il lavoro per una pausa durata cinque minuti di troppo. E’ quanto sarebbe accaduto all’Ikea di Bari e segnalato dalla Uiltucs, Unione italiana dei lavoratori dei settori turismo, che sottolinea come l’uomo abbia perso il lavoro dopo 11 anni. Un episodio che richiama da vicino Milano alla 39enne madre di due bimbi. In questo caso, Ikea è quella di Bari, e Claudio ci lavora dal giorno della sua apertura.

“Anche a Claudio, come alla mamma lavoratrice di Milano, va tutto il sostegno della Uiltucs”, spiega Ivana Veronese, segretaria nazionale della Uiltucs, Unione italiana dei lavoratori dei settori turismo, commercio e servizi, che segue a livello nazionale le trattative con Ikea. “La donna che stiamo supportando, come Uiltucs, anche con lo sciopero unitario e le assemblee unitarie in corso” – spiega Veronese – “ha tutte le ragioni. Così come Claudio il cui licenziamento è illegittimo, vergognoso. Entrambi i casi sono sintomatici di una situazione difficilmente sostenibile, in Ikea, che si sta aggravando sempre di più”. “E’ un clima molto pesante quello che si respira in Ikea ultimamente – incalza la segretaria – e i licenziamenti sono la punta di un Iceberg. Anche per questo motivo da una decina di giorni, insieme ai lavoratori dipendenti di Ikea Italia, abbiamo lanciato la campagna #CambiaIkea”.

La campagna, spiegano dall’Huffington Post Italia, che ha portato a una riposta, per la petizione avviata dai lavoratori e dal sindacato, davvero da record: si parla di ben 25mila firme web e migliaia cartacee arrivate in una settimana per un risultato che supera ogni migliore aspettativa e vede una partecipazione davvero importante. I numeri, parlano chiaro: una firma ogni 30 secondi.

“Il provvedimento verso Claudio” spiega poi Giuseppe Zimmari, segretario generale della Uiltucs Puglia “è eccessivo e sproporzionato. L’azienda non ha poi avanzato tutte le contestazioni, appena avvenivano i presunti ritardi nel rientro in servizio dalla pausa, ma ha atteso di sommarle. Per questo per noi è un licenziamento senza dubbio illegittimo e sarà impugnato a livello legale. Daremo battaglia dal punto di vista sindacale, non ci fermeremo. Dobbiamo affrontare senza esitazione casi come questo, casi sintomatici che sembrano il tipico esempio del ‘colpirne uno per educarne cento’ che rifiutiamo con forza”. Dal canto suo, il segretario generale UILTuCS Bruno Boco spiega che “è necessario ora più che mai l’interessamento diretto di Ikea Italia che non può restare indifferente all’appello dei lavoratori. Manca meno un mese a Natale e la ripresa del dialogo, costruttivo e non di facciata, sarebbe un bellissimo regalo per tutti”.

Per quanto riguarda il caso di Milano, però, la versione di Ikea è ben diversa.  “L’azienda – ha spiegato il colosso svedese mercoledì sera in una nota – si è sempre dimostrata disponibile a concordare le migliori soluzioni, per contemperare le necessità della lavoratrice con le esigenze connesse al suo lavoro”, ma – continua l’azienda – “negli ultimi otto mesi la signora Ricutti ha lavorato meno di sette giorni al mese e, per circa la metà dei giorni lavorati, ha usufruito di cambi di turno e spostamenti di orario, concordati con i colleghi e con la direzione del negozio”.

“Nell’ultimo periodo, in più occasioni, la lavoratrice – per sua stessa ammissione – si è autodeterminata l’orario di lavoro senza alcun preavviso né comunicazione di sorta, mettendo – sottolinea Ikea – in gravi difficoltà i servizi dell’area che coordinava e il lavoro dei colleghi, creando disagi ai clienti e disservizi evidenti e non tollerabili. Di fronte alla contestazione di tali episodi e alla richiesta di spiegazioni da parte dei suoi responsabili su questo comportamento – prosegue la nota – la signora Ricutti si è lasciata andare a gravi e pubblici episodi di insubordinazione”.

“Sulla base dei propri valori, del rispetto dovuto alla totalità dei propri collaboratori e della cura dei propri clienti, Ikea, pur avendo fatto il possibile per andare incontro alle richieste della lavoratrice, ha ritenuto non accettabili comportamenti di questo tipo che hanno compromesso la relazione di fiducia. Alla luce di questa insostenibile situazione – conclude Ikea – l’azienda è giunta alla decisione – che viene definita difficile quanto necessaria – di interrompere il rapporto di lavoro”.