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Corte Costituzionale: “Decreto Ilva del Governo Renzi è anticostituzionale, trascurò tutela vita privilegiando l’attività produttiva”

È incostituzionale il ‘decreto Ilva‘ del 2015 che consentiva la prosecuzione dell’attività di impresa degli stabilimenti, in quanto di interesse strategico nazionale, nonostante il sequestro disposto dall’autorità giudiziaria per reati inerenti la sicurezza dei lavoratori.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 58 che dichiara illegittimi sia l’articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2015 sulle misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, sia gli articoli 1 e 21-octies della legge 6 agosto 2015, n. 132 sulla conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria.

La prosecuzione dell’attività, considerata di interesse strategico nazionale, era stata garantita dal legislatore alla sola condizione che entro 30 giorni la parte privata colpita dal sequestro approntasse un piano di intervento contenente “misure e attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio”, che però non venivano definite in maniera adeguata nel decreto. La Corte costituzionale ha applicato i principi espressi in una sentenza del 2013 – richiamata già dal gip Rosati – in base ai quali il legislatore, pur in presenza di sequestri dell’autorità giudiziaria, può sì intervenire per consentire che impianti di interesse strategico nazionale continuino le proprie attività, ma a condizione che vengano tenute in adeguata considerazione, e tra loro bilanciate, sia le esigenze di tutela dell’ambiente, della salute e dell’incolumità dei lavoratori, sia le esigenze dell’iniziativa economica e della continuità occupazionale.

La questione nasce a seguito dell’infortunio mortale subito da un lavoratore dell’Ilva esposto, senza adeguate protezioni, ad attività pericolose nell’area di un altoforno dello stabilimento di Taranto. L’altoforno era stato sequestrato dall’autorità giudiziaria ma, pochi giorni dopo, il legislatore aveva disposto la prosecuzione dell’attività di impresa.

La sentenza, specifica Ilva in una nota, non ha alcun impatto sulla continuità dell’attività produttiva in quanto la restituzione dell’altoforno 2 “è stata ottenuta nel settembre 2015 non in base al decreto oggi dichiarato illegittimo, ma in forza di un provvedimento della procura che, in accoglimento di un’istanza presentata dalla società,  ha restituito l’impianto condizionatamente all’adempimento di determinate prescrizioni in materia di sicurezza, poi attuate”. Il commissario straordinario di Ilva, Enrico Laghi, specifica che “le norme del decreto dunque avrebbero rappresentato solo una soluzione alternativa, che non è stata però perseguita. Per questo motivo non c’è nulla da temere per Ilva dalla sentenza della Corte Costituzionale”.
 
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