Qualche giorno fa, a largo di Brindisi, è stata registrata una scossa di terremoto ben percepita dalla popolazione: nel brindisino molte persone sono scene di casa in piena notte nel panico mentre nelle altre province pugliesi sino al confine con la Basilicata, i cittadini hanno comunque sentito la scossa, sebbene in maniera più lieve. Se secondo gli esperti si tratterebbe di un fenomeno ciclico legato alle caratteristiche delle placche tettoniche del territorio, per altri (non esperti ma semplici cittadini sensibili all’ambiente) si tratterebbe di una conseguenza delle trivellazioni, ovvero degli interventi delle multinazionali alla ricerca del petrolio in mare. Nel brindisino, infatti, l’ultimo regalino del governo Renzi ha portato al via libera del Consiglio di Stato alle attività di prospezione con la tecnica invasiva dell’air-gun.
Tuttavia, quella di un terremoto causato da interventi umani a largo delle coste pugliesi si tratterebbe di un’ipotesi scartata dai geologi, che spiegano come, almeno in questa circostanza, la profondità dell’ipocentro, circa 28 km, e la distanza da Campo Aquila, la zona estrattiva più vicina, “portino a escludere una qualsiasi correlazione”. I sismi indotti, ovvero fenomeni sismici causati dall’attività umana, esistono. Lo dimostra ad esempio il curioso caso dell’Oklahoma, dove una zona quasi asismica si è trasformata negli ultimi anni in una delle più attive degli USA, causa della tecnica di estrazione petrolifera nota come “fracking”. Tuttavia, in Puglia il fenomeno sarebbe da escludersi.
Fonti esperte riportano infatti che il terremoto era distante almeno 50 km da Campo Aquila, in concessione ad Agip dal febbraio 1992 e in quella zona negli ultimi 26 anni non si sono verificati altri terremoti. Ci sarebbe anche da ricordare che due settimane fa il Consiglio di Stato ha rigettato i ricorsi presentati in appello dall’Abruzzo, dalla Puglia e dagli enti locali contro il decreto Via (Valutazione di impatto ambientale) relativo a due permessi di ricerca di gas e petrolio rilasciati alla compagnia inglese Spectrum Geo, tuttavia, mancherebbero che risalgono al 26 gennaio 2011 e riguardano le aree da Rimini a Termoli e da Rodi Garganico a Santa Cesarea Terme. Quest’area doveva essere più vasta, ma con il limite della 12 miglia dalla costa posto nel 2016 si è leggermente ridotta.
E’ opportuno ricordare che la legge 625 del 1996 prevede che le aree per il permesso di ricerca devono essere al massimo di 750 kmq. Ma il Tar avrebbe ritenuto di considerare questo limite non applicabile in quanto le istanze della società risulterebbero non di ricerca ma di prospezione, quindi secondo il giudice amministrativo meno invasive e inquinanti. Tuttavia, è noto che l’air-gun, sia nocivo per gli animali marini: spesso causa grossi danni a cetacei, tartarughe, pesci, animali che spesso muoiono spiaggiati sulle nostre spiagge, a volte per cause non chiarite. La palla passa Ministero dello Sviluppo economico dovrà adottare i due permessi di ricerca a seguito di una relazione tecnica aggiuntiva. Nel dubbio sarebbe giusto pensare di non concedere più il nostro petrolio ed il nostro mare a multinazionali, preferendo piuttosto un’economia energetica basata su un sistema autarchico, capace di produrre energia dal sole, dal movimento delle auto attraverso speciali moduli alternativi all’asfalto sulle strade, dal vento e dal moto ondoso. Risorse che non mancano nella nostra nazione.