Forse in Puglia la discarica di rifiuti nucleari, l’ultimo “regalo” del governo uscente

A seguito del nulla osta alla pubblicazione da parte del ministro allo Sviluppo Carlo Calenda, tornano in Puglia i timori per la versione definitiva della Cnapi, la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee dove poter creare costruire il mega-deposito delle scorie radioattive in Italia. Dopo l’allarme per la Murgia, si parla ora anche del Salento. Dopo la vicenda Ilva terminata con un nulla di fatto, Calenda, prima di andarsene definitivamente a seguito della scadenza del governo, rende così ufficiale la discussione. Precisazioni: non è ancora stato deciso dove costruire il deposito di scorie nucleari, che potrebbe non essere realizzato in Puglia ma bensì in altre regioni d’Italia.

Ma facciamo un passo indietro: già nel 2015 la Sogin, ovvero la società che gestisce gli impianti nucleari in Italia, consegnò la documentazione all’Ispra, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. In quella carta erano già elencate le potenziali aree per il deposito, di fatto una gigantesca discarica di rifiuti nucleari europei. Già da allora la Puglia veniva menzionata come possibile territorio per il progetto. Per la creazione dell’impianto, servirebbe una zona a basso rischio sismico, come ad esempio l’Arneo, tra Nardò e Manduria, che così risponderebbe ai criteri richiesti. Tuttavia, anche l’Alta Murgia risulterebbe idonea. Apriti cielo dagli operatori turistici del territorio, che della parola nucleare non ne vogliono sapere. La più grande fonte di scorie nucleari, a livello globale, è costituita dai rifiuti radioattivi prodotti dall’esercizio delle centrali nucleari (ricordiamo però che nel nostro paese la costruzione di centrali nucleari è proibita dal 1987, poi riconfermata attraverso il referendum del 2011). Altre fonti, che contribuiscono in misura minore, sono i macchinari usati per analisi e terapie mediche e alcune macchine industriali utilizzate principalmente per le analisi produttive di parti metalliche e per altre applicazioni di analisi e ricerca.

Tali rifiuti possono essere classificati in tre macro categorie a seconda del contenuto di radioattività e del tempo necessario a consentirne lo smaltimento come rifiuti convenzionali. La prima categoria contiene le scorie a bassissimo contenuto di radioattività, che decadono in qualche mese o massimo qualche anno, tipicamente rifiuti provenienti da ospedali, laboratori e industrie, costituiti da carta, attrezzi, tessuti, filtri, etc. Le scorie di seconda categoria sono invece quelle a bassa e media attività, con tempi di decadimento che vanno dalle decine a un massimo di 300 anni: comprendono tipicamente resine, percolati, componenti di impianto. Le altre scorie sono classificate nella terza categoria, quelle che richiedono tempi dell’ordine superiore alle migliaia di anni per raggiungere livelli di radioattività comparabili con quelle ambientali. Di questi, piccola parte è composta da scorie prodotte dal riprocessamento del combustibile esausto delle centrali nucleari. Si stima che in Italia i rifiuti nucleari da stoccare nel deposito nazionale siano circa 95mila metri cubi, di cui 78mila a bassa attività e 17mila ad alta attività. Questi ultimi derivano principalmente dalle centrali nucleari in via di dismissione, che pur essendo inattive continuano a produrre scorie nucleari per le operazioni di mantenimento in sicurezza e ne produrranno altri durante la fase finale.

“In Italia i rifiuti radioattivi finora prodotti sono custoditi in depositi temporanei che ne consentono la gestione in sicurezza e l’isolamento dall’ambiente. Tali rifiuti provengono dal pregresso esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle attività nel campo sanitario, industriale e della ricercaIl Deposito Nazionale permetterà la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese con un significativo incremento della sicurezza e ottimizzazione della gestione”si legge sul sito ufficiale del progetto

Nel protocollo delle autorizzazioni, dopo l’autorizzazione di Calenda, mancherebbe all’appello soltanto quella del ministro all’Ambiente Gian Luca Galletti, che per il momento non si è ancora espresso in merito. E’ comunque probabile che la decisione definitiva passi nelle mani del prossimo governo. Le ipotesi riguarderebbero anche Sicilia, Sardegna e Basilicata, oltre alla Puglia. In tutti questi territori la politica locale ha espresso il suo parere negativo. Ma si sa, almeno per ora, a comandare sono sempre altri. Ma niente paura, come ci dicono le fonti ufficiali: è la scelta migliore per il futuro di tutti. Insomma, tuttappost. Lo avremo tutti a quel post. La notizia è stata segnalata anche da alcuni lettori (a tal  proposito, ricordiamo inoltre che scrivendo un messaggio al numero 353 3187906 è possibile effettuare segnalazioni e partecipare al gruppo Whatsapp per seguire tutte le news in tempo reale oppure iscrivendosi al gruppo Telegram cliccando qui o anche iscrivendosi al gruppo Facebook cliccando qui). E’ anche possibile inviare segnalazioni con foto e/o video all’indirizzo email redazione@pugliareporter.com.