“Dopo di Noi”: in Puglia disparità di trattamento per la stessa tipologia di utenza, facciamo girare questo appello

“Il tema del “Dopo di Noi” è divenuto negli ultimi anni, grazie alle battaglie delle persone con disabilità, i loro familiari e le diverse associazioni di rappresentanza, tanto rilevante da portare le Istituzioni ai diversi livelli a predisporre da un punto di vista legislativo e finanziario strumenti per offrire un minimo di garanzie rispetto al futuro delle persone disabili una volta venuto meno il riferimento familiare. Tanto rilevante che anche la legge del 22 giugno 2016, n. 112 “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilita’ grave prive del sostegno familiare” che ha provato a sistematizzare in un unico corpo tutte le disposizioni in tal senso ha mediaticamente assunto il nome di “legge sul dopo di noi”” – lo rende noto in un comunicato diffuso sui social Confcooperative Puglia.

“La Regione Puglia con il regolamento regionale n.4/2007 ha individuato nella comunità socioriabilitativa per disabili, regolamentata all’art.57, la tipologia di struttura socio-sanitaria che più delle altre potesse rappresentare una risposta, sebbene sempre istituzionalizzante ma quanto più vicina possibile al concetto di comunità familiare, al problema del “dopo di noi”. Già tale articolo, nella parte in cui definisce l’organico ed i servizi della struttura, destava diverse perplessità risultando assenti determinate figure professionali, altre presenti con rapporti numerici del tutto inadeguati – un esempio su tutti la totale assenza degli OSS, figura indispensabile -, e la totale assenza di servizi quali ad esempio il trasporto che lasciano intendere che una volta inserito in struttura l’utente non debba avere alcun contatto con l’esterno quando, se pur ci si volesse fermare alle sole esigenze di carattere sanitario, tutti gli utenti hanno la necessità di visite ed esami frequenti”.

“Nonostante le diverse sollecitazioni in tal senso la situazione si è notevolmente aggravata quando con deliberazione di giunta n. 3032 del 30/12/2010 la Regione Puglia ha determinato la retta massima della struttura quantificandola in € 64,38, ben al di sotto di quella prevista dalle convenzioni precedentemente stipulate dalle ASL territoriali per questa tipologia di struttura e pressoché identica a quella dei Centri Diurni, sancendo così una incomprensibile disparità di trattamento per la stessa tipologia di utenza. Ma anche rispetto a questo le diverse segnalazioni e denunce nulla hanno ottenuto se non un ulteriore aggravio della situazione: in alcune Asl della Regione è stato ristretto l’accesso alla struttura solo ai disabili gravi (l. 104 art. 3 comma 3), si è stabilito di non pagare le assenze determinando una notevole riduzione delle entrate per i ricoveri ospedalieri ed i rientri familiari, sono state revocate agli utenti altre prestazioni sanitarie per imputarle in capo alla struttura. In ogni caso è evidente la difformità di interpretazione delle norme da parte delle Asl di riferimento dei singoli territori”.

“È per questo che differenti realtà, enti gestori di comunità socio-riabilitative delle diverse province pugliesi, spinte dall’insostenibilità della situazione che sta portando diverse di esse alla chiusura e le altre, che per vocazione o per l’impegno morale assunto con gli utenti al momento della loro presa in carico, attingono altrove per sopravvivere, hanno deciso di incontrarsi e portare avanti un’azione congiunta per costringere la Regione Puglia a dare una risposta ad una situazione che è contro ogni principio etico e morale, oltre che di ragione e di diritto. Tanti sono stati i tentativi per sottolineare l’urgenza di aprire una discussione sulle comunità socioriabilitative: quelli che le singole realtà hanno effettuato autonomamente, le pressioni esercitate sui diversi tavoli dalle organizzazioni di appartenenza (ANFFAS e #Federsolidarietà in particolare), l’interrogazione del gruppo consigliare regionale del Movimento 5 Stelle nel luglio 2016 che non hanno avuto esito alcuno, fino ad arrivare alla formale richiesta del Luglio 2017 di aprire un tavolo regionale, anche questa priva di riscontro“.

“Il precipitare della situazione economica e finanziaria e la difficoltà ad attuare le scelte di chiusura, per i problemi di collocamento degli ospiti, già deliberate da alcuni per le loro comunità, ha costretto i gestori a rivolgersi ad un legale ed intimare l’apertura del tavolo per il tramite di questo. Ora, non avendo neanche l’intimazione avuto alcun seguito, essendo gli stessi determinati nel perseguire le vie legali intraprese ma non ritenendo di essere in condizione di attendere i tempi della giustizia, hanno convenuto di ricorrere al mezzo mediatico, fino a questo momento evitato perché non si ritenesse tale utilizzo strumentale, per interessare l’opinione pubblica rispetto ad una questione così delicata e rilevante. Una società che non tutela la dignità delle persone fragili non garantisce quella di nessuno. Dateci una mano!”

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