In Puglia vendute cozze contaminate con alti livelli di diossina, sette arresti – video

Maxioperazione della Guardia Costiera contro un’organizzazione che metteva in commercio pesce contaminato pericoloso per la salute criminale: sette gli arresti. Il blitz dei militari, in corso tra le provincie di Taranto e Brindisi, è finalizzato al contrasto di un’attività criminale organizzata, sistematica, dedita al furto, ricettazione, distribuzione e successiva commercializzazione su tutto il territorio nazionale di prodotti ittici contaminati, soggetti a vincolo sanitario, altamente nocivi per la salute pubblica, contraffatti mediante falsa certificazione.

L’operazione – che ha visto coinvolti più di cinquanta uomini e donne della Guardia Costiera oltre a mezzi navali ed aerei del Corpo – ha consentito di eseguire le ordinanze di custodia cautelare in carcere e domiciliari disposte dal gip del Tribunale di Taranto.

Si è conclusa oggi la maxi operazione della Guardia Costiera di Taranto denominata “Passo e chiudo”, che ha visto coinvolti più di cinquanta uomini e donne della guardia costiera, che ha consentito l’esecuzione di 7 ordinanze di custodia cautelare, in carcere e domiciliari, disposte dal gip di Taranto nei confronti di altrettante persone coinvolte, a vario titolo ed in concorso tra di loro, in reati che vanno dal furto e ricettazione al commercio di sostanze alimentari altamente tossiche, grazie ad un sistema di contraffazione dell’etichettatura. La prolungata ed intensa attività investigativa dei militari è scaturita da alcune denunce di mitilicoltori, vittime di ingenti furti di prodotti ittici, e ha portato alla luce l’esistenza di un vero e proprio “mercato parallelo” di prodotti contaminati chimicamente e biologicamente che, immesso nella filiera tramite la contraffazione della tracciabilità, veniva spacciato come prodotto di alta qualità, ma pericolosissimo per la salute pubblica. In particolare, i militari hanno accertato l’esistenza di una organizzazione criminale che, sistematicamente, trafugava i mitili da impianti siti nel 1° e 2° seno mar piccolo – ovvero li coltivavano abusivamente in impianti illegittimi – per poi distribuirli ad “acquirenti di fiducia locali” (che a loro volta li commercializzavano nei banchetti presenti sulle strade tarantine) ma anche a grandi centri di spedizione, ricavandone ingenti guadagni derivanti dal basso, ovvero inesistente, costo di produzione o acquisto in quanto prodotto dell’attività illecita del furto. Tale accurato sistema consentiva ai soggetti coinvolti di aggirare, così, le stringenti normative sanitarie in materia che prevedono lunghi ed accurati cicli depurativi dei mitili, nonché le previste movimentazioni del prodotto, finalizzati ad abbattere la contaminazione batterica ed livelli di PCB e diossine, cagionando così inestimabili danni alla pubblica salute. Nello specifico, alcuni dei soggetti si occupavano di organizzare i furti e la vendita dei beni sottratti, le operazioni di trattamento, sgranatura dei pergolati di mitili (al fine di perderne la tracciabilità, data dalla colorazione della retina scelta da ogni miticoltore) nonché di consegna del prodotto confezionato in sacchi del peso di 10 kg cadauno agli “acquirenti di fiducia”, previa prenotazione telefonica del quantitativo richiesto. Ulteriori indagini portavano alla luce, inoltre, la vendita del prodotto ai centri di spedizione che provvedevano ad etichettare come proprio, il prodotto in questione, “sanandone” di fatto la provenienza. VIDEO:

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