In Puglia stanno distruggendo arance e mandarini “prezzi troppo bassi” contro import extracomunitari – video

Arance, mandarini e clementine lasciate marcire o addirittura distrutti per via dei prezzi poco competitivi. Accade in Puglia mentre il dramma della xylella sugli ulivi si fa ancora tanto sentire. Un comparto – quello agricolo – che continua a subire sotto differenti fronti. Accade da Foggia a Taranto, dove negli ultimi giorni la Rai ha documentato un drammatico abbattimento della frutta non raccolta (il video qui sotto). Già lo scorso anno Coldiretti Puglia denunciava: “I prezzi delle clementine tarantine sono ridotti ai minimi termini, solo 35 centesimi per il prodotto già raccolto che scendono fino a 15 centesimi per l’acquisto in blocco in campo. Al danno si aggiunge la beffa. Stanno importando clementine con foglia, senza che siano accompagnate da regolare passaporto verde. Ciò espone il nostro territorio agli attacchi da parte di virus alieni, come la ‘tristeza’ degli agrumi, che arrivano da noi a causa delle ‘barriere colabrodo’ dell’UE che non controlla il materiale vegetale in entrata”.

“In provincia di Taranto e sul Gargano, i territori più agrumicoli della Puglia, arance e clementine in moltissimi casi restano incolte, sugli alberi, o a marcire per terra. Apprezziamo lo schema di decreto del Mipaaft sul Fondo nazionale agrumicolo, era una misura necessaria, ma appare per certi versi tardiva e purtroppo insufficiente ad affrontare una situazione disastrosa quest’anno e estremamente difficile”. E’ Raffaele Carrabba, presidente regionale di CIA Agricoltori Italiani della Puglia, a commentare con queste parole l’approvazione, in Conferenza stato regioni, dello schema di decreto attraverso il quale il Fondo nazionale agrumicolo sarà dotato di 10 milioni di euro: 8 saranno destinati al ricambio varietale per le aziende danneggiate da virus tristeza e del “mal secco”; 1,5 verranno utilizzati in campagne di comunicazione istituzionale e di promozione rivolte ai consumatori, per sostenere la qualità degli agrumi italiani; 500mila euro è la risorsa a disposizione per conoscenza, salvaguardia e sviluppo dei prodotti agrumicoli DOP e IGP.

“Il Governo ha accolto le richieste che facciamo da anni sul ricambio varietale e le campagne di comunicazione in favore della qualità e salubrità dei prodotti certificati italiani. Occorre, però, che questo sia solo l’inizio, perché i problemi sono strutturali: strapotere della GDO nel determinare i prezzi, la vita e la morte di un’azienda agricola; concorrenza sleale di competitor esteri che producono con costi e standard inferiori; necessità di valorizzare pienamente la biodiversità degli agrumi italiani e il ruolo attivo degli agricoltori nel preservare questo patrimonio; garantire la possibilità alle aziende agricole di assumere investendo nell’equo compenso delle lavoratrici e dei lavoratori alleggerendo il carico di costi burocratici e contributivi che danneggiano sia la parte datoriale che la forza lavoro”, ha aggiunto Michele Ferrandino, presidente provinciale di CIA Capitanata. “La crisi è epocale per cui, a meno che si pensi che soluzioni tampone possano risolvere la situazione, quello schema di decreto è solo l’inizio della partita. Per i produttori di Clementine, per esempio, il provvedimento arriva abbondantemente a tempo scaduto”, ha spiegato Pietro De Padova, presidente provinciale di CIA Due Mari (Taranto-Brindisi). “Gettare via o lasciar marcire il frutto del proprio lavoro è il segno che siamo davanti a un punto di non ritorno.

Dall’agricoltura, soprattutto in questi ultimi due mesi, sono arrivati segnali forti, eclatanti, emblema del dramma che sta vivendo il comparto primario: i gilet arancioni, gli olivicoltori pugliesi allo stremo, i pastori sardi, i produttori cerealicoli siciliani che vivono una situazione molto simile a quella dei cerealicoltori pugliesi, stanno lanciando un grido di dolore ancora non pienamente colto. Bisogna invertire la rotta, le campagne si programmano, cosi come la ricerca e la sperimentazione di nuove varietà sempre più richieste dal mercato. La riconversione varietale va fatta con materiale sano e certificato, spesso però queste nuove varietà sono da importare e non adeguatamente sperimentate e acclimatate da noi, bisogna quindi investire di più sulla ricerca e la sperimentazione, sui campi piloti e sui nostri validi vivaisti”, ha concluso Raffaele Carrabba. Il video diffuso dal Tg3: