16 agosto 1620: quando i turchi invasero Manfredonia

Pedro Téllez-Girón y de la Cueva fu deposto dal grado di Viceré di Napoli da Filippo III di Spagna. Costui incoraggiò gli Ottomani a venire nel Meridione promettendo loro l’appoggio del popolo napoletano e così il 16 agosto 1620, forti di 56 galee comandate da Shalil pascia sbarcarono presso Manfredonia in località “Chiancamasitto”:

Trovando impreparati i difensori riuscirono in poco tempo a conquistare le mura ed i bastioni, da questi aprirono il fuoco contro il Castello. Le suore dei conventi con gli altri cittadini si rifugiarono nel Castello e dopo aver resistito tre giorni, sfiniti dalla fame e senza alcuna speranza di soccorso, capitolarono il 18 agosto 1620. Durante l’assalto furono uccisi cinquecento manfredoniani e settecento ottomani. La città fu selvaggiamente saccheggiata e distrutta, non rimase poco della città medievale, che anni prima valorosamente resistette al Lautrec. Fu distrutta l’antica cattedrale gotica a tre navate e gli archivi più importanti furono danneggiati dalle fiamme.

Il bottino dei turchi fu di 36 cannoni di bronzo, tutte le campane delle chiese, una statua d’argento di san Lorenzo Maiorano, oro, argento, vestiti, libri, grano, cereali ecc. Furono distrutti molti documenti importanti, fu bruciato il corpo di san Lorenzo Maiorano (rimase solo il braccio destro). La chiesa di San Marco, nei pressi della antica Cattedrale, rimase leggermente lesionata e quindi sostituì la chiesa madre fino alla costruzione del nuovo Duomo, nel 1640. Furono fatti diversi prigionieri, tra cui anche la giovine Giacoma Beccarino una fanciulla aristocratica di notevole bellezza, portata in Turchia come dono al Sultano, il quale ne rimase affascinato. Divenne sua moglie con cui ebbe l’erede al trono (che morì in età giovane). La Beccarino visse da prigioniera ed inviò alle suore clarisse di Manfredonia, dove anni prima risiedeva, una lettera per avere notizie sui suoi genitori (morti durante il sacco) e due ritratti: il suo e quello della balia. La lenta ricostruzione:

Il sacco dei turchi danneggiò particolarmente la città, distruggendo edifici e beni importanti. L’Arcivescovo sipontino Annibale sceso dai monti del Gargano – dove si era rifugiato – per constatare le rovine osservò che la valanga turca non aveva lasciato altro che rovine, desolazione, lutti e miserie. Questi, aiutato dal cardinale, viceré Borgia ottenne franchigie per trent’anni per i dispersi manfredoniani.[senza fonte] Nel 1624 fu riedificato il Duomo e nel 1644 il nuovo Seminario. Tuttavia il terremoto del Gargano del 1646 causò nuovi danni alla cattedrale (specialmente al suo campanile), all’ospedale, nonché a vari palazzi e conventi[25]. Grande aiuto alla ricostruzione fu dato dall’arcivescovo cardinale Orsini (poi papa Benedetto XIII), che resse la diocesi sipontina dal 1675 al 1680.

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