Bari: “obesa e trascurata”, Tribunale affida la figlia al padre divorziato. Decadenza potestà genitoriale per la madre che sarà affidata ad un “percorso psicologico”. La sentenza a Bari

Una scelta che farà certamente discutere quella riportata da molteplici fonti telematiche che parlano dell’affidamento di una bambina di soli 9 anni al padre divorziato dopo che lo stesso aveva segnalato condizioni di trattamento alquanto discutibili da parte della madre della piccola:

Stando alla ricostruzione, infatti, la madre della bambina avrebbe compromesso la vita della giovanissima accompagnandola spesso a mangiare in fast foode comunque sottoponendola ad una dieta alimentare non consona alla sua età, ne ha determinato la condizione di evidente obesità, esponendola a gravi rischi per la sua salute” e “ha dimostrato di non essere in grado di aiutarla e assisterla adeguatamente durante il percorso di studi, se è vero che la bambina presenta un rendimento scolastico lacunoso che va immediatamente recuperato”. Sulla base di queste valutazioni e in attesa di un eventuale provvedimento della magistratura minorile, il Tribunale civile di Bari, nell’ambito di una causa di divorzio, ha deciso, oltre alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, di “provvedere ufficiosamente alla declaratoria di decadenza della potestà genitoriale” della madre nonché della sospensione temporanea dei rapporti madre/figlia, “fino al pieno recupero da parte della donna delle proprie capacità genitoriali attraverso un percorso di sostegno psicologico“. La sentenza giunge al termine di una causa di divorzio durata oltre 3 anni, avviata dal ricorso del padre che lamentava di non poter vedere la figlia se non:

per pochissimi minuti e solo grazie agli insegnanti della piccola prima dell’uscita da scuola”, a causa del “perdurante, palese ostruzionismo” della ex moglie. “I giudici evidenziano la “assoluta inidoneità della madre a rendersi affidataria in condiviso della minore”. “Non può essere trascurata la gravissima circostanza” si legge nella sentenza “che ha indotto la figlia a rifiutare la figura paterna”; la donna inoltre “si è rivelata del tutto insofferente all’osservanza delle prescrizioni dettate dai servizi sociali per gestire gli incontri padre/figlia”, omettendo di portare la bambina agli incontri senza avvertire o portandola in ritardo e “non è mai intervenuta in maniera assertiva, sincera e collaborativa per il bene della figlia, trascurando di mettere al centro del suo agire il benessere della figlia“.

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