Quando una donna pugliese divenne sultana dell’Impero Ottomano: Storia e leggende (?) del Sacco di Manfredonia e di Giacometta Beccarini

La terra di Capitanata – nell’attuale provincia di Foggia – non fu governata solo dal figlio di Federico II (Manfredi) ma, nella sua lunga Storia, anche da una donna sultana: ci riferiamo alla storia (o presunta tale) di Giacometta – detta anche Saphira – “sultana di Manfredonia”, una storia affascinante e avvincente, che ha saputo conquistare il cuore dei cittadini della città pugliese. Giacometta Beccarini sarebbe nata a Manfredonia nel 1602, da una famiglia di nobili spagnoli. Nel periodo di giovenutù della donna, la città fu saccheggiata dai turchi, e Giacometta sarebbe stata catturata e portata a Costantinopoli, dove sarebbe stata ridotta in schiavitù prima di diventare consorte del sultano. La scelta di chi scrive nel riportare in “condizionale” deriva dal fatto che l’esistenza di questa donna e le prove della sua incredibile storia sono ancora oggi oggetto di dibattito tra i ricercatori, divisi tra coloro che ne reclamano la veridicità ed altri che ritengono che tale storia possa essere legata ad una figura puramente o parzialmente leggendaria. Tuttavia, la presenza di fonti scritte che la menzionano già nel XIV secolo confermerebbero l’esistenza di questa straordinaria donna. È possibile che la storia di Giacometta sia stata effettivamente basata su una donna reale vissuta a Manfredonia nel XVII secolo, periodo in cui si svolse anche il Sacco di Manfredonia, ovvero un grande assedio dei turchi. Tuttavia, la sua storia potrebbe essere stata arricchita e romanzata nel corso dei secoli, dando vita alla leggenda che la conosciamo oggi. Fatta questa premessa, occorre farne un’altra, quella del contesto storico:

Manfredonia ospitava Cesare e Guido Fieramosca quando il maresciallo francese Lautrec invase il Regno di Napoli. Guido combatteva contro i Veneziani in Puglia. Manfredonia era difesa da Carlotto di Parma detto il Cavaliere, da Alessio Lascari, da Pier Luigi Farnese e dallo stesso Fieramosca. Tre città resistettero alla Francia: Manfredonia, Gaeta e Napoli. Lautrec, non riuscendo a conquistare Manfredonia, fece razzie nelle campagne circostanti, fino a quando una delle navi che appoggiavano le operazioni francesi venne colpita dai cannoni della Torre di San Francesco. Manfredonia nel 1528 resistette all’assedio francese e fu conservata all’imperatore Carlo V che, per alleviarla e ricompensarla della fedeltà, le riconfermò nel 1533 gli antichi privilegi ed esenzioni. Sotto il regno di Carlo V, la città godette un periodo di felice progresso e benessere. Pedro Téllez-Girón y de la Cueva fu deposto dal grado di Viceré di Napoli da Filippo III di Spagna. Costui incoraggiò gli Ottomani a venire nel Meridione promettendo loro l’appoggio del popolo napoletano e così il 16 agosto 1620, forti di 56 galee comandate da Damat Halil Pascià sbarcarono presso Manfredonia in località “Chiancamasitto”.

Il Sacco di Manfredonia dell’agosto 1620:

Trovando impreparati i difensori, i turchi riuscirono in poco tempo a conquistare le mura ed i bastioni, da questi aprirono il fuoco contro il Castello. Le suore dei conventi con gli altri cittadini si rifugiarono nel Castello e dopo aver resistito tre giorni, sfiniti dalla fame e senza alcuna speranza di soccorso, capitolarono il 18 agosto 1620. Questo dettaglio confermerebbe la ricostruzione di Giacometta lasciata sola nell’orfanotrofio e sequestrata dagli invasori. Durante l’assalto, furono uccisi cinquecento manfredoniani e settecento ottomani. La città fu selvaggiamente saccheggiata e distrutta, non rimase molto della città medievale, che anni prima valorosamente resistette al Lautrec. Fu distrutta l’antica cattedrale gotica a tre navate e gli archivi più importanti furono danneggiati dalle fiamme. Il bottino dei turchi fu di 36 cannoni di bronzo, tutte le campane delle chiese, una statua d’argento di san Lorenzo Maiorano, oro, argento, vestiti, libri, grano, cereali ecc. Furono distrutti molti documenti importanti, fu bruciato il corpo di san Lorenzo Maiorano (rimase solo il braccio destro). La chiesa di San Marco, nei pressi della antica Cattedrale, rimase leggermente lesionata e quindi sostituì la chiesa madre fino alla costruzione del nuovo Duomo, nel 1640. Furono fatti diversi prigionieri, tra cui anche la giovine Giacoma Beccarino, una fanciulla aristocratica di notevole bellezza, portata in Turchia come dono al sultano Ibrahim I, il quale ne rimase affascinato:

Secondo alcune fonti, Giacoma Rosa Beccarino era orfana di madre e figlia di un alto ufficiale dell’esercito spagnolo. Condotta a Costantinopoli, nell’harem di Topkaki, la giovinetta sarebbe stata poi chiamata Saphira (anche se altre fonti parlano di “Zafira” o di “Bassebà“) e diverrà la favorita del sultano. La giovane di origini pugliesi sarebbe cosi divenuta sua moglie, ottenendo l’eredità al trono. Dal matrimonio con il sultano, la giovane avrebbe avuto anche un figlio: Osman. La Beccarino visse da prigioniera ed inviò alle suore clarisse di Manfredonia, dove anni prima risiedeva, una lettera per avere notizie sui suoi genitori (morti durante il sacco) e due ritratti: il suo e quello della balia. Dopo la morte del sultano, Giacometta divenne la Grande Sultana, e governò l’Impero ottomano per quattro anni. In questo periodo di tempo, Giacometta sarebbe stata una governante saggia e giusta e avrebbe contributo a migliorare la vita dei suoi sudditi. Tuttavia, secondo alcune fonti, la donna sarebbe stata persino vittima di un tentativo di avvelenamento per impedirle di ereditare il trono del Sultano. Nel 1644, Giacometta avrebbe deciso di compiere un pellegrinaggio alla Mecca. Durante il viaggio, fu catturata dai Cavalieri di Malta, che l’avrebbero riportata a Manfredonia. Giacometta sarebbe quindi ritornata a Manfredonia come una donna libera, e avrebbe vissuto gli ultimi anni della sua vita nella sua città natale. Sulla vicenda di Giacoma Beccarino si monteranno storie popolari come la “Storia di la prisa di la gran Surdana”, composizione siciliana in ottava rima (qui si può leggere), ed un libro di V. Salierno, “La Sultana – Giacometta Beccarino da
Manfredonia”.  Potrebbe essere quindi morta in Puglia
. Questa la ricostruzione del suo presunto ritorno in patria:

Azione del 28 settembre 1644

L’Azione del 28 settembre 1644 fu una battaglia navale che ebbe luogo il 28 settembre 1644 a circa 70 miglia nautiche (110 km) da Rodi tra sei galee dei cavalieri di Malta al comando di Boisbaudran ed un convoglio di navi ottomane. Le navi maltesi San Lorenzo, Santa Maria e Vittoria attaccarono un galeone turco, mentre la San Giuseppe e la San Giovanni catturarono una nave più piccola ed una “capitana” che si rivelò essere poi greca, prima di tornare per combattere il galeone turco. Dopo 7 ore di combattimenti, il galeone venne catturato con a bordo 220 morti ed il resto dell’equipaggio. Il comandante maltese, Boisbaudran, rimase ucciso nello scontro, ed il suo posto venne preso temporaneamente dall’ufficiale più anziano, Cotoner, capitano della San Lorenzo. Le perdite maltesi ammontarono a 82 morti e 170 feriti. Sul viaggio di ritorno verso casa, la flotta maltese incontrò diverse tempeste ed il galeone strappato ai turchi venne abbandonato nei pressi dell’isola di Malta e finì per incagliarsi sulle coste calabre.

Saphira, Zafira o Giacometta?

Il convoglio turco che venne attaccato dalle forze maltesi era partito da Costantinopoli ed era diretto ad Alessandria d’Egitto, e trasportava diversi pellegrini religiosi musulmani diretti a La Mecca per l’annuale adorazione della Pietra Nera, il Kizlar Agha Sünbül Agha ed una donna, considerata dai cavalieri maltesi una delle mogli del sultano Ibrahim I ed il suo giovane figlio, erede quindi del trono ottomano. Quest’ultima notizia è stata a lungo oggetto di disputa tra gli storici in quanto molti pensavano che si trattasse in realtà della moglie e/o schiava di Sünbül Agha e nutrice di Mehmet IV.[2] Alcuni testi storici ne hanno tramandato il nome, Zafira, e suo figlio Osman, nato il 2 gennaio 1642 – tre mesi prima di Mehmet IV (il che avrebbe reso Osman il primogenito di Ibrahim I e quindi legittimo erede al trono ottomano).[3][4] I cittadini di Manfredonia, credettero che si trattasse invece di  Giacometta Beccarino, rapita dalla città dai turchi nel 1620[5] (questa pratica era all’epoca comune tra gli ottomani; ad esempio la madre, la nonna e la bisnonna di Ibrahim I erano tutte di origini non turche e provenivano dall’harem dei rispettivi mariti dove erano giunte come schiave. Ad ogni modo, a differenza di quanto sarebbe accaduto per Giacometta Beccarini, essa sarebbe stata venduta tra i 12 ed i 16 anni ed avrebbe avuto il proprio primo figlio a 17.) Nel viaggio di ritorno in patria, il vascello maltese che trasportava le prede di guerra si fermò a Creta, all’epoca possedimento veneziano, per fare rifornimenti e sbarcare in loco parte del proprio tesoro. Gli ottomani, già colpiti dalla perdita delle loro navi, considerarono la tacita ospitalità offerta dai veneziani ai cavalieri maltesi come un atto di rottura della neutralità veneziana nello sconto e quindi dichiararono guerra alla Serenissima poco dopo. La notizia della cattura della “moglie del sultano e di suo figlio” venne largamente pubblicizzata in Europa. Sia Giacometta che suo figlio si convertirono nel cristianesimo: lei sarebbe tornata a casa mentre il giovane sarebbe rimasto Malta dove per diversi anni avrebbe frequentato il monastero locale, diventando noto col nome di “Padre Domenico Ottomano” e ottenendo anche il ruolo di Vicario Generale dei Monasteri di Malta. La prova “fisica” dell’esistenza di una “Sultana di Manfredonia” consisterebbe comunque in un antico dipinto (riportato all’inizio di questo articolo) che rappresenterebbe Giacometta in indumenti tipicamente ottomani e che sarebbe stato realizzato a Costantinopoli. E’ molto interessante notare come il volto della donna rappresentata sia piuttosto simile a quello dell’incisione del 1647 tratta dal Theatrum Europaeum raffigurante Zafira, moglie di Ibrahim I, la quale con suo figlio Osman, venne condotta prigioniera a Malta dai Cavalieri Ospitalieri:

Zafira e Osman

Come riportano alcune fonti online, il quadro è stato sottoposto a restauro e attualmente esposto nella stanza del Sindaco di Manfredonia anche se altre fonti ipotizzano che lo stesso possa essere in realtà una copia più recente di un’opera custodita altrove, forse in una collezione privata:

Tra Storia e leggenda, quella di Giacometta è una storia di coraggio, determinazione e riscatto. È la storia di una donna che, nonostante le avversità, è riuscita a raggiungere grandi traguardi. Riguardo il “Sacco di Manfredonia” del 1620, riportiamo qui sotto i link a due interessanti video-approfondimenti pubblicati sul web:

Documenti storici:

https://www.manfredonianews.it/wp-content/uploads/2017/08/Il-Sacco-dei-Turchi-a-Manfredonia.pdf

Il mistero del ritratto esposto nel Municipio di Manfredonia

https://en.wikipedia.org/wiki/Ibrahim_of_the_Ottoman_Empire

https://emeroteca.provincia.brindisi.it/Archivio%20Storico%20Pugliese/1972/Archivio%20Storico%20pugliese%20A.25%201972%20fasc.3-4%20articoli%20PDF/Manfredi%20e%20la%20Fondazione%20di%20Manfredonia.pdf

La storia della sultana che veniva dal Gargano

https://books.pjjk.net/omniana/chapter/39-fr-domenico-ottomano/

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