I parrocchetti in Puglia? Già ai tempi di Federico II come documentato in “De arte venandi cum avibus”. La Storia insegna che demonizzare una specie è sempre un errore

Definiti “alieni” e “dannosi”, i pappagallini rinselvatichiti del genere “parrocchetto” non sono esattamente una novità in Puglia. A testimoniarlo sono anche gli antichi manoscritti che parlano della loro presenza almeno dai tempi del Medioevo. Nell’antico trattato De arte venandi cum avibus (“L’arte di cacciare con gli uccelli”), tra le splendide rappresentazioni artistiche, non vi sono soltanto falchi ed altri uccelli rapaci ma persino questi simpaticissimi uccellini dal caratteristico colore verdognolo e dal becco arrotondato. Con molta probabilità, l’imperatore Svevo ne faceva uso anche a Castel del Monte, unitamente ai suoi falchi. Oltre al popolare castello di Andria, Federico II si recava spesso a San Lorenzo in Pantano, presso Foggia, dove realizzò un parco dell’uccellagione; alle saline del Gargano, nei pressi dell’attuale Margherita di Savoia, ove ancora oggi sostano gli uccelli migratori; a Salpi, (l’attuale Trinitapoli), ove c’era una vera e propria oasi; ed in altri luoghi della Capitanata, nei boschi vicino Melfi in provincia di Potenza (nella vicina Basilicata). Il manoscritto originale dell’imperatore è andato perduto durante la disfatta di Parma del 1248, motivo per cui, la versione sopravvissuta sino ai giorni nostri è una copia redatta dal figlio Re Manfredi dopo il 1258 (e oggi consultabile interamente online attraverso la sua versione digitalizzata presente su una sezione della Libreria Vaticana o anche su altre piattaforme web). Chi oggi critica il parrocchetto reclamando una certa identità territoriale, dimentica che uno dei più popolari protagonisti della Storia pugliese costruiva ponti di tolleranza persino nei confronti dell’affascinante biodiversità tra specie animali, ammirandone le caratteristiche anziché promuoverne l’eradicazione. Una situazione alquanto paradossale se si pensa, invece, che in questo periodo di intolleranza il Medioevo è invece spesso indicato come sinonimo di oscurantismo! Se guardiamo poi alla storia del meridione d’Italia nella sua interezza, la presenza del parrocchetto in Sud Italia risulta anche ben più antecedente al periodo medievale, come è possibile constatare osservando un antico mosaico romano oggi esposto presso il Museo di Napoli:

La presenza del parrocchetto, dunque, sebbene comunque alloctona, non rappresenta un’eccezionalità per la nostra regione, nemmeno dal punto di vista storico. La vera differenza riguarda invece l’interpretazione mediatica, che nel contesto moderno è spesso caratterizzata da una narrazione dal contenuto allarmistico. Accade così che, paradossalmente, nello stesso periodo in cui si annunciano annate particolarmente generose sulla raccolta delle olive, si punta il dito contro questi uccelli – cui numero ammonta a qualche migliaio di esemplari distribuito nell’intera regione – “colpevoli” di nutrirsi del raccolto. Una mezza verità che potrebbe persino rivelarsi completamente fuorviante a causa della demonizzazione di una specie che non può essere paragonata ai cinghiali e che invece appartiene alla vasta famiglia degli uccelli, cui numerosi rappresentanti esotici sono invece da sempre ben tollerati dall’opinione pubblica pugliese (tra gli esempi più noti, i fenicotteri nelle saline). Sui social, il centro recupero di Molfetta ha sottolineato “l’importante ruolo che i volatili svolgono per la più efficace funzione di bioregolazione e controllo della popolazione di insetti, quindi eliminarli o ridurli favorirebbe molti parassiti delle piante con una inevitabile ricaduta negativa sui raccolti. Infine vogliamo approfondire l’insensato l’accanimento contro i parrocchetti dimostrando, con inconfutabili prove alla mano, che questi uccelli sono regolari e stanziali abitanti del continente europeo e dell’Italia da millenni! Ebbene si! Già Alessandro Magno possedeva e allevava i parrocchetti; e dopo di lui Federico II di Svevia, amante degli uccelli, ricevette in dono parrocchetti e pappagalli dai regnanti dei Paesi con cui stringeva alleanze. Inoltre, i parrocchetti sono spesso raffigurati in mosaici, decorazioni, affreschi e dipinti su tela, dimostrando la loro presenza ininterrottamente in Italia dall’epoca romana fino ai giorni nostri. I parrocchetti dunque non sono così estranei come ci vogliono far credere:

“Al contrario vivono al nostro fianco e nelle nostre case da millenni e, negli ultimi 50 anni, a seguito delle ripetute e sempre più numerose liberazioni in natura da parte di allevatori/commercianti/proprietari, hanno popolato le aree urbane assimilandosi in tutto e per tutto alla fauna selvatica locale. In conclusione chiediamo alle associazioni degli agricoltori di chiedersi cosa possono fare loro stessi per tutelare la natura e conservare la biodiversità per il futuro… E di lasciare in pace la fauna selvatica che rispetta già le leggi di sopravvivenza della natura e quindi si autoregola senza che l’intervento umano faccia ulteriori danni” – si legge nel comunicato. Il post diffuso su Facebook:

(Originariamente pubblicato su VideoAndria.com)