A Taranto 7 arresti per 7 soggetti indiziati dei reati di associazione per delinquere, usura, estorsione e riciclaggio

Nella mattinata dello scorso 4 marzo, i militai della Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Taranto, in collaborazione con militari del Corpo del Gruppo Taranto, del Nucleo PEF Lecce e della Tenenza di Leuca e con il supporto operativo delle unità cinofile “cash dog” del Gruppo Pronto Impiego di Bari e della Compagnia Pronto Impiego di Brindisi, hanno dato esecuzione a un’ordinanza, emessa dal competente G.I.P. del Tribunale di Taranto su richiesta della locale Procura della Repubblica, applicativa di misure cautelari personali nei confronti di 7 soggetti, 5 in carcere e 2 agli arresti domiciliari, e del sequestro preventivo di beni per un importo di oltre 415 mila euro.

I ristretti sono gravemente indiziati, a vario titolo, delle ipotesi di reato di associazione per delinquere, usura aggravata, estorsione, riciclaggio e autoriciclaggio dei relativi proventi illeciti, e trasferimento fraudolento di valori. Le pertinenti indagini, avviate nel 2021 e coordinate in ogni loro fase dalla locale Procura della Repubblica, hanno consentito alle Fiamme Gialle joniche di registrare nel territorio delle province di Taranto e di Lecce presunte pratiche usurarie. Nello specifico, dalle indagini sarebbe emersa la concessione, da parte dei ristretti, di finanziamenti a imprenditori tarantini e leccesi in stato di bisogno, attivi nel settore della produzione dei latticini e della pasticceria fresca, con l’imposizione di tassi usurari fino al 354%.

All’attività di usura avrebbero quindi fatto seguito, a cura di presunti associati, cointeressati in imprese tarantine e leccesi attive nel settore della ristorazione, della distribuzione alimentare e della fornitura di arredi per ufficio, alcune apparenti operazioni di riciclaggio e autoriciclaggio involgenti rapporti commerciali di comodo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. E’ inoltre emerso che alcuni degli indagati avrebbero trasferito la titolarità dei suddetti soggetti economici a “prestanome” con l’apparente finalità di agevolare la commissione dei presunti delitti di riciclaggio e autoriciclaggio.

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