Preistoria pugliese: nel Pulo di Molfetta scoperto nuovo idoletto, dal Neolitico ai giorni nostri

I resti di manufatti risalenti alle epoche preistoriche continuano a rivelarsi al mondo moderno, ritrovati a distanza di migliaia di anni dalla loro creazione. Come riporta anche il sito web del Comune di Molfetta, infatti, un secondo idoletto risalente al Neolitico, dopo quello della scorsa estate, all’interno del Pulo di Molfetta. La scoperta è stata fatta il 18 gennaio scorso da un team di archeologi durante un sopralluogo nella cavità carsica, attualmente chiusa al pubblico per le restrizioni Covid:

La piccola scultura, grande quanto una monetina da due centesimi, è adesso custodita a Bari a Palazzo Simi, che ospita il Centro operativo per l’archeologia, sede distaccata della Soprintendenza per i Beni archeologici della Puglia. “Come il primo idoletto ritrovato recentemente al Pulo – spiega Anna Maria Tunzi, responsabile per la tutela archeologica presso la Soprintendenza – la datazione è collocabile attorno al V millennio a.C.. La scultura è stata ottenuta dalla lavorazione di un ciottolo calcareo circolare sul quale sono stati riprodotti tratti antropomorfi. Come si evince dalla capigliatura, probabilmente rappresenta un soggetto femminile legato al culto della fecondità, tipico del periodo neolitico. In attesa della riapertura del Pulo in zona gialla – dichiara il sindaco Tommaso Minervini – continuano a emergere meraviglie dal terreno del nostro sito neolitico. Come si è visto, solo mettendolo in sicurezza è stato possibile fare emergere tesori che riscriveranno la storia della città. Per questa ultima scoperta devo ringraziare nuovamente gli archeologi Nicola de Pinto e Alessia Amato. Finanzieremo ulteriori lavori per altri scavi e riporteremo da Bari i due idoletti con l’obiettivo di allestire un grande museo archeologico del Pulo”. Link video:

Il Pulo di Molfetta, lo ricordiamo, è è una dolina situata sull’altopiano delle Murge , in Puglia , nel sud dell’Italia , a circa 1,5 chilometri (0,93 miglia) a sud-ovest della città di Molfetta. Ha avuto origine a causa del crollo del soffitto di una o più grotte. Condivide il toponimo locale pulo con altre grandi doline della regione, ovvero Pulicchio di Gravina , Pulo di Molfetta e Pulicchio di Toritto. Nel Neolitico medio e inferiore (V – IV millennio a.C.) il Pulo di Molfetta era frequentato dalle comunità che vivevano nei pressi della dolina (allora molto più piccola della cavità attuale e decisamente in formazione), essendosi organizzati in villaggi all’aperto e in piano (non in grotta, come erroneamente taluni credono), come si evince dai numerosi resti rinvenuti nei dintorni, soprattutto nel fondo Azzollini e nel non lontano fondo Spadavecchia (dai cognomi dei proprietari all’epoca dei primi scavi) dove nel 1900 avvennero, a cura del Mayer, soprintendente in carica ai Beni Archeologici di Bari, le prime interessanti scoperte archeologiche. Poiché la si è trovata qui per la prima volta, tale tipologia di reperti ceramici fu denominata ceramica “Tipo Molfetta”, mentre poi ne sono stati rinvenuti simili in siti diversi, ma omologhi, lungo le fasce costiere e nell’immediato entroterra pugliesi. Il precedente ritrovamento, considerato tra le più antiche sculture in pietra nel suo genere:

Degna di nota è la presenza, sul ciglio a W-SW della dolina, dell’ex convento dei Cappuccini, oggi di proprietà privata, lì edificato nel 1536 da Giacomo Paniscotti e che fu attivo fino al 1574, circa, quando i monaci si trasferirono nel nuovo convento, di dimensioni maggiori, più prossimo al centro cittadino (che allora era ancora circoscritto all’interno della cinta muraria della “città vecchia”, nell’Isola di S. Andrea). Tale circostanza fece sì che l’edificio sorto nei pressi della voragine carsica, ormai abbandonato dai religiosi, a causa della sufficiente distanza che lo separava dal centro abitato, venisse adibito alla funzione di Lazzaretto, per l’accoglienza, cioè, dei malati di morbi infettivi e contagiosi quali pestecoleralebbra, che nelle epoche passate periodicamente infestavano le aree urbane. Infine, verso il termine del XVIII secolo, nel 1784 sul fondo del Pulo fu autorizzata dal governo borbonico una nitriera, cioè una vera e propria fabbrica – i cui resti sono stati oggetto di una campagna di scavi e relativo restauro terminato nel 2003 – in cui veniva prodotta polvere da sparo a partire dal salnitro, sale (nitrato di Potassio) contenente azoto (N) e potassio (K), riconosciuto tra i sedimenti del sito dall’abate Fortis, studioso padovano che trovavasi in Puglia perché diretto a Brindisi e che fu chiamato a dare il suo parere dal fratello del noto canonico Giuseppe Maria Giovene, grande studioso naturalista, molto attivo in quei tempi di grande influenza del Positivismo e che ha lasciato alla città di Molfetta i primi reperti di natura archeologica rinvenuti in dolina e nei suoi dintorni e ora esposti nel rinnovato Museo Diocesano cittadino.

In seguito al disastroso terremoto del 23 novembre 1980, noto come il terremoto dell’Irpinia, i cui effetti si fecero sentire in maniera pesante anche a tanti chilometri di distanza, in alcune grotte i cui accessi si protendono dalle pareti del Pulo si verificarono numerosi crolli e cedimenti strutturali che ne minarono l’assetto statico tanto da determinarne la chiusura al pubblico. Inoltre una frana ostruì l’ingresso di alcune cavità che in precedenza erano accessibili. In seguito a tali fatti si ebbe l’intervento da parte degli Enti competenti al fine della messa in sicurezza del sito e del suo recupero funzionale alla fruizione da parte del pubblico, finalmente ripartita in data 30 novembre 2008.

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